Ortobionomia - Giorgio Antonelli

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Pubblicazioni > Testi brevi
Presentazione di:

Bienvenu Alain,
Le Corps et les Lois de la Vie. Introduction à l'orthobionomy.
Éditions Sully, 1996,

in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, 42, Liguori, Napoli, 1997.




La Society of Orthobionomy International è stata fondata dall'osteopata canadese Arthur Lincoln Pauls in California nel 1978. Perché Pauls ha creato l'ortobionomia? Perché, come viene riferito nell'introduzione dall'autore che cita la testuale risposta di Pauls, in un mondo pieno di follie, nelle quali l'inventore dell'ortobionomia non si riconosceva, egli ha dovuto crearsi la propria.

L'origine dell'ortobionomia va riferita al periodo del dottorato in osteopatia di Pauls e al suo incontro con il dottor Lawrence Jones, il quale aveva messo a punto una tecnica di rilasciamento delle tensioni muscolari in grado di stimolare il riflesso autocorrettore grazie all'assunzione di posizioni antalgiche, ovvero posizioni che non provocano dolore. A Pauls venne in mente di estendere tale approccio (centrato sulla realtà del principio autoregolatore) a livelli più sottili, sia energetici, sia emozionali. Per gli ortobionomisti, in effetti, un blocco del corpo può essere innescato da un trauma emotivo (ripetuto). Accade così, ad esempio, che un blocco muscolare possa servire da difesa.

L'ortobionomia si fonda sulla capacità propria dell'essere umano di ritrovare da sé la propria salute in modo riflesso. Va detto che Pauls, prima di praticare l'osteopatia, era stato istruttore di judo. Alain Bienvenu fa osservare l'importanza di questa sequenza. Essa spiega perché concetti filosofici, che improntano di sé le arti marziali, si ritrovino nell'ortobionomia. In particolare Bienvenu insiste sulla trasmissione orale del metodo ortobionomico. Lo stesso Pauls ha scritto solo qualche articolo sull'argomento, ma nessun libro. A parte l'equazione personale di Pauls (che pure Bienvenu prende brevemente in considerazione: il suo lasciarsi guidare dall'istante, il suo gusto per l'esperienza diretta), il fatto che l'inventore dell'ortobionomia non abbia corredato d'uno scritto sistematico la propria invenzione si spiega con la cifra strettamente empirica dell'ortobionomia. Tale cifra empirica, tuttavia, non toglie che esista una filosofia sottesa alla pratica ortobionomica. Ora, secondo tale filosofia, il corpo è in grado si autoregolarsi e di autoguarirsi, perché possiede la memoria dell'unità originale (così la chiama Bienvenu), ovvero, nei termini di Pauls, «The Original Concept». Possediamo, insomma, tutte le memorie delle leggi della vita, così come le possiedono tutti gli elementi dell'universo.

La trasmissione di queste leggi dall'Original Concept al corpo fisico viene mediata dalla sostanza energetica (l'aura), sostanza che non si manifesta, ma che è onnipresente. L'ortobionomia, scrive Bienvenu, interviene in modo duplice: sul piano fisico (per liberare dalle tensioni) e su quello energetico (per ristabilire il sistema autoregolatore). Concetti portanti del sapere ortobionomico sono quelli di omeostasi, coscienza, energia e di corpo come unità energetica. Cifra fondante del lavorare in ortobionomia è quella secondo cui occorre sempre cercare una posizione antalgica (antidolore, piacevole) per i muscoli e le articolazioni. Nessuna tecnica infatti dovrà originare o intensificare un dolore. E, d'altro canto, non vanno utilizzate quelle tecniche che manipolano con forza.

Con l'ortobionomia si ritrovano appunto quelle posizioni che il corpo prende spontaneamente. Da una parte un tale modo di operare rimanda a quel «facile fluire della vita» che costituiva assunto portante dello stoicismo antico (greco). Non è un caso che anche gli stoici si siano richiamati alla naturalità del vivere (e che l'inventore dell'ortobionomia abbia coniato un termine di derivazione greca). Un corrispettivo interessante di questo facile fluire e della cifra antalgica, naturale delle tecniche ortobionomiche può essere rinvenuto nelle motivazioni che indussero Freud a preferire il termine «psicoanalisi» al termine «psicosintesi», pure da alcuni invocato (e che si è successivamente concretizzato nell'indirizzo fondato da Assagioli). Se si fa analisi, sosteneva Freud, allora la sintesi si fa da sola, automaticamente, naturalmente. Nella prospettiva ortobionomica l'energia, oltre a essere palpabile, densa, mobile, è caratterizzata dalla capacità di captare, emettere e memorizzare informazioni sotto forma di onde vibratorie.

Un assunto cardine dell'ortobionomia è quello secondo cui «la comunicazione energetica precede e determina la comunicazione verbale». Non è questo, ovviamente, un assunto originale (si pensi, ad esempio, alla bioenergetica), tuttavia è sempre bene tenerlo a mente. Le tecniche ortobionomiche (ripartite in sette fasi) sono tese, secondo Bienvenu, a 1) percepire e accompagnare le reazioni del corpo e dell'energia del paziente; 2) stimolare i riflessi autocorrettori; 3) adattarsi alle capacità di risposta (del corpo e dell'energia) del paziente. Interessantissima è la questione del rapporto paziente-ortobionomista, dal momento che si tratta essenzialmente di comunicare col corpo, di mettersi in ascolto del corpo. «Il contatto fisico e energetico col corpo» scrive Bienvenu «prende la forma d'un dialogo tra le energie del paziente e dell'ortobionomista». Lezione che va ripresa anche ad altri livelli e della quale sarebbe interessante poter ben individuare le equazioni analitiche.

La fiducia che deve informare il rapporto tra paziente e terapeuta, ad esempio, sembra avere a che vedere con quello che potremmo chiamare un controtransfert corporeo. In altri termini è necessario che il terapeuta lasci circolare liberamente l'energia che si trova dentro il suo corpo, affinché tale fiducia venga instaurata e mantenuta. Ciò potrebbe ulteriormente indurci al riflettere su quale sia la reale portata del corpo dell'analista (movimenti, postura etc) nell'insuggerire, diciamo così à la Ferenczi, fiducia nel setting. Un corrispettivo dell'attenzione liberamente fluttuante, nonché della pazienza di Bion (l'operare senza sapere, senza desiderio, senza memoria), può essere individuato nell'atteggiamento che il terapeuta ortobionomico ha nei confronti delle resistenze del paziente. Esse vanno rispettate e, inoltre, l'ortobionomista deve rendersi scevro dell'idea che sia lui a dover apportare correzioni. Esemplare è quanto lo stesso Pauls ha da dire relativamente all'incontro della energia del paziente con l'energia del terapeuta.

Gli ortobionomisti non devono pensare di lavorare unicamente sul corpo fisico, dal momento che appare del tutto impossibile dividere in sezioni ciò che nell'universo risulta collegato. In altri termini: ogni qual volta abbiamo un contatto prossimo con una persona, vi è anche una «risposta aurica». Va precisato che nell'ortobionomia non sono indispensabili conoscenze di tipo anatomico o medico. Secondo gli ortobionomisti la loro disciplina e, diciamo anche, il loro sapere appare compatibile con qualsiasi trattamento medico e sistema terapeutico. Tale compatibilità sarebbe di estremo interesse verificarla, praticarla sul campo, ovvero nel setting analitico. Come potrebbe rendersi possibile, in altri termini, un trattamento analitico a ridosso di uno ortobionomico? Dal momento che ogni analisi è, necessariamente, impura, perché non entrare nell'ordine di idee d'una conduzione consapevolmente, programmaticamente impura, scandita ad esempio da fasi ortobionomiche e da fasi analitiche? I

n ambito ortobionomico si lavora sulla schiena (si osserva ad esempio come la persona si sdraia), sulla lunghezza delle gambe e delle braccia, si sposta la testa, si tocca il collo etc. etc. Il corpo esprime tutto il nostro essere, è uno con la mente, con l'anima, con lo spirito. Questo afferma e pratica l'ortobionomia. Come psicoterapeuta sarei molto interessato a vedere che cosa possa significare lavorare con un paziente dopo che questi si è sottoposto a un trattamento ortobionomico. E, di converso, sarebbe altrettanto interessante verificare come possa lavorare in ambito ortobionomico un paziente che si è precedentemente sottoposto a un trattamento analitico. Gli ortobionomisti sostengono che coloro i quali si sono sottoposti a un trattamento ortobionomico asseriscono di essere in contatto col loro corpo in un modo mai sperimentato prima e di essere in grado di percepirne e comprenderne i segnali sottili. Anche qui, come si vede, si tratta dell'alchemica grandezza del «sottile» e di qualcosa che può trovare feconde convergenze in ambito psicoprofondo.

 
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