Archetipi terapeuti - Giorgio Antonelli

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Archetipi terapeuti.
Introduzione mythologica all'ars analytica




(Alpes, Roma, 2016)




Estratto


Se gli archetipi, loro, sono i terapeuti, si tratterà per gli psicoterapeuti di farsene attraversare. Come se dovessero, gli psicoterapeuti, assumere la temporanea posizione di canali. Volenti o nolenti, che lo sappiano o no, li caratterizza un approccio gnostico, segnatamente doceta, quello stesso che concepiva Gesù nascere non da ma attraverso Maria. Non carne da carne, ma immagine da carne. Immagine che attraversa un corpo. Corpo che vale immagine.

Così interpretava l’autore del Vangelo di Verità il versetto per eccellenza del Vangelo cristiano e il Verbo si fece carne (Gv 1.14). Traduce Valentino, o chi per lui: e il Verbo si fece corpo. E perché corpo? Perché esperibile, visibile, come un’immagine. Gesù è sceso in terra a presentare una phantasìan sarkós, un’immagine di carne. Se la psicoterapia, in particolare nella sua versione junghiana, è anche un’erede dello gnosticismo, lo è nella misura in cui in esso si tratta, estenuandone e ribaltandone il dettato doceta, di una salvezza giocata dalle parti del dokeìn, dell’apparire.

La salvezza è immaginale. Si tratterà allora di fare lógos degli dèi, i quali, vocati o non vocati, chiamati o no, comunque aderunt, saranno presenti. Allo psicoterapeuta, in quanto servitore di Psiche, spetta di farsi canale, medium, ponte delle ombre gettate dal futuro sul presente. Si potrebbe sostenere che lo psicoterapeuta operi in modo sintropico o, meglio, si faccia canale, medium, ponte dell’operare della sintropia. Se, come racconta Kerényi, sulla scia di Rilke, la nostra epoca si caratterizza, a dispetto di ogni apparenza e di ogni moltiplicato apparire, per il suo Tun ohne Bild ˗ il suo agire senza immagine ˗ si tratterà necessariamente, là dove arriva la mitologia ˗ ad esempio nel setting analitico ˗ di un agire sempre secondo immagine. Rank può allora affermare che i processi psichici vanno compresi soltanto miticamente, cioè psicologicamente.

Come mi piace dirlo: l’immagine è l’atto di quella potenza che si chiama mitologia. E l’atto precede la potenza. L’atto è l’ars, è adesso, è origine. Lo stesso dicasi di quello che Lacan molto opportunamente, anche delinquenzialmente, chiamava atto analitico. L’atto analitico è un’origineadesso, il mito è la sua potenza.
 
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