Maigret - Giorgio Antonelli

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Maigret
(in forma di catechismo)






(Lithos, Roma, 2017)

In che senso, durante un’inchiesta, Maigret fa il morto?
· Nel senso che si fa vuoto, si fa contenitore, attraversabile ricettacolo.
· Fa il morto perché entra in trance, pensa al rallentatore, in stato di semicoscienza.
· Fa il morto perché muore al proprio sapere. Questo morire al proprio sapere aumenta ovviamente la percezione altrui che egli sia un soggetto supposto sapere. E si tratta qui di una percezione cui Maigret non manca mai di sottrarsi. Là dove gli altri percepiscono la presenza di un soggetto supposto sapere, Maigret muore al sapere. È questo suo sottrarsi, questo suo collocarsi altrove, a trasformare l’inchiesta in una sorta di settinganalitico.
· Fa il morto perché, in estatica, sensitiva, sincronica, empatica sintonia col linguaggio dei gesti, dai gesti si lascia ipnotizzare.
· Fa il morto perché, senza perché, è catturato dal volto che è destinato a incontrare la morte.
...
Che ne è dell’altro quando Maigret fa il morto?
Facendo il morto Maigret riceve, assorbe come una spugna, attrae. La morte è un attrattore, è trascinante. Fare il morto è trascinante. Quando Maigret fa il morto, trascina il suo interlocutore, lo stana dalle sue resistenze. Non gli concede appoggi. Si trasforma in un monolite e niente può far presa su di lui. Diventando impenetrabile, rendendosi immobile, facendo l’imbecille in presenza di un possibile colpevole, impersonando l’assolutamente vuoto, l’assolutamente assente, il cieco e muto, l’indefinitamente attraversabile, lascia che l’altro possa finalmente tradirsi, consegnarsi, entrare nel contenitore vuoto dell’altro, nel vuoto del volto dell’altro. Si tradisce l’altro, perché vuole tradirsi, quando Maigret fantastica, quando sogna l’inchiesta. E sogna l’inchiesta, Maigret, mentre ascolta con l’indifferenza di un confessore assopito, non spingendo a parlare, non offrendosi alla cattura delle domande, lasciando loro il vuoto che gli appartiene, imponendo il proprio indefinito silenzio, fissando senza guardare, non consentendo che dal proprio viso possa trasparire alcuna immaginaria traccia.
 
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