Liber Novus - Giorgio Antonelli

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Cos'è nuovo nel Liber Novus?




(in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 12, Giovanni Fioriti Editore, Roma. 2011)



Estratto


La cosmologia del Liber Novus contempla la contemporaneità di tre mondi che sono l’uno il verso dell’altro: il pleroma (ovvero, per esprimerci con Basilide, il dio non esistente), questo mondo (il mondo sensibile, che Jung chiama Kreatur) e, appunto, il mondo intermedio. In altri termini: pleroma-mondo intermedio-creazione.

Si tratta qui di un dispiegamento tradizionale di mondi ben presente, tra gli altri, nel commento che il filosofo persiano Molla Sadra, un contemporaneo di Cartesio, scrive sul Libro della saggezza orientale del suo conterraneo Sohravardi (XII sec.).

Tre sono gli universi, afferma Molla Sadra: questo mondo, l’oltremondo e l’intermondo. Intermondo si dice, nella sua lingua, barzakh.

Il mondo intermedio del Liber Novus costituisce l’esatto equivalente del barzakh. Sohravardi lo descrive come il mondo delle forme sospese (diverso dal mondo delle idee di Platone che sono fisse), mondo delle immagini sospese (non soltanto luminose come le idee di Platone, ma anche tenebrose, come nel Liber Novus), mondo delle forme immateriali che appaiono. Essendo sospese non hanno un luogo cui ineriscono e dunque è possibile che trasmigrino e che lo facciano anche alla volta del mondo sensibile, dove trovano i luoghi della loro epifania.

Nel barzakh avvengono la resurrezione dei corpi, le apparizioni divine e il compimento delle profezie. Nel barzakh si muovono i demoni, Pitagora ha potuto ascoltare la musica delle sfere, Cristo è risorto e con lui ha potuto conversare Giuda in privato, Giovanni dal canto suo ha potuto sperimentare il corpo di Cristo come apparenza, attraversandolo con la propria mano: il suo essere era come senza sostanza, asomatico, quasi non esistesse. Il mondo intermedio è il regno, in esso l’eucarestia realmente/immaginalmente accade e lo gnostico Valentino ha dialogato col Logos apparsogli nell’immagine di un bambino . Nello stesso intermondo hanno luogo i sogni, le visioni e le metensomatosi, quelle che il filosofo taoista Chuang-tzu, sognandosi come farfalla, chiamava metamorfosi degli esseri.

Sostiene Molla Sadra che le forme immaginali sospese non hanno bisogno di un supporto che serva loro da ricettacolo. Sono allo stesso tempo autonome e bisognose di un soggetto. Dobbiamo qui intendere il termine “soggetto” nella sua accezione letterale, così come la si evince nell’espressione andare soggetto a. Il Cristo sospeso sulla croce, dunque, è un’immagine sospesa e Nietzsche non se ne è saputo fare soggetto. Neanche i cristiani hanno saputo farsene soggetto. Hanno travisato l’immagine del crocifisso, credendola un corpo, uno che apparteneva a questo mondo sensibile, invece di una luce che in questo mondo sensibile trovava il suo luogo epifanico.

Ibn Arabi (xii-xiii sec.), il grande mistico e teosofo arabo nativo di Murcia, ha ben chiaro, analogamente, che la resurrezione fu operata dal profeta Gesù soltanto in apparenza, dunque, con altro linguaggio, nel mondo immaginale, non in quello sensibile, non nella Kreatur. Tutto l’Oriente, quello gnostico, islamico e buddhista, è sempre stato doceticamente orientato. La cristologia musulmana, in particolare, è docetica a partire dallo stesso Corano, che presenta la crocifissione di Gesù allo stesso, irridente, modo dei discepoli di Basilide. Docetica sembra anche esser stata una tentazione della cristianità alle sue origini. Ne fanno fede Imeneo e Fileto per i quali la resurrezione è già avvenuta , tesi ribadita negli apocrifi Atti di Paolo, nei quali si trova anche scritto che risorgiamo mediante la gnosi (di Dio).

L’apostolo Paolo, ovviamente, stigmatizza la tesi di Imeneo e Fileto. Diversamente da Imeneo e Fileto, il quale ultimo non manca di fare la sua apparizione nel Liber Novus, la resurrezione, per Paolo, non è ancora avvenuta. Ci dovremmo chiedere perché Paolo non riesca a farsi ricettacolo dell’“eresia” di Imeneo e Fileto. Ebbene, per Paolo l’uomo psichico non comprende le cose dello spirito, non sa farsene contenitore. Se ci domandiamo cosa significhi psichico per l’apostolo e per i primi cristiani, dovremo intanto concludere, come ha fatto Jung, che i teologi hanno sottovalutato l’anima. Non si tratta però soltanto di sottovalutazione. Se si controllano le traduzioni dei testi paolini e di altri testi neotestamentari il termine che noi tradurremmo “psichico” viene reso con “naturale” o “materiale”.

Quando Cirillo di Alessandria commenta la prima epistola paolina ai Corinti definisce uomo psichico colui che vive secondo la carne. Là dove, a partire dalla tripartizione “carne-anima-spirito”, Paolo, nel concepire la tipologia di “sarchici (carnali)-psichici-pneumatici (spirituali)”, tende a sovrapporre i primi due tipi (sicché carnale s’indifferenzia con psichico), Jung tende a un’altra sovrapposizione, quella tra psichici e spirituali. La profetizzata Età dello Spirito viene così a coincidere con l’Età, diciamo anche eone, della Psicologia.

Il Liber Novus sta al Nuovo Testamento come questo sta all’Antico. Il vecchio, cui Jung pensa quando battezza Novus il proprio Liber, è il Nuovo Testamento, è il Cristianesimo. Inizia qui Jung a realizzare quello che invano aveva proposto a Freud: sostituire duemila anni dell’eone cristiano. Corrispondono questi duemila anni a quell’anno vecchio di cui Jung, come s’è visto, scrive in riferimento al vecchio Dio. Anno vecchio vale un mese platonico, uno gnostico eone. Le scoperte di Freud, nella trasvalutazione di Jung, sono qualcosa di grandioso che egli definisce con il concetto gnostico di sophia “termine alessandrino che si adatta benissimo alla reincarnazione della sapienza antica nella psicoanalisi.”

Non c’è da sorprendersi se, nella stessa lettera in cui fa discorso di psicoanalitica reincarnazione della sophia gnostica, Jung nomini anche il suo quaternio più uno di allieve: Sorella Moltzer, Beatrice Hinkle, Sabine Spielrein, Antonia Wolff, cui aggiunge last not least la moglie Emma. Mondo intermedio è, in effetti, il mondo dell’anima, il mundus imaginalis, il mondo demonico, il metaxù, dei greci, il barzakh dei filosofi islamici, il mondo che Sohravardi, come s’è visto, chiamava delle forme sospese, il bardo dei tibetani. E, certo, non mancano dense analogie tra il Libro tibetano dei morti e il Liber Novus. Mondo intermedio è in una parola quello che io chiamo, con Jouvet, terzo stato, e anche Ade, il mondo invisibile della morte. Nominazioni nelle quali emerge chiara una prefigurazione della psicologia archetipica insieme alla hillmaniana ripresa di Corbin.

Per Jung l’inconscio è Totenland, terra dei morti. Il Liber Novus, in quanto Libro occidentale dei morti, si configura come la mappa di questa Totenland, di questa terra delle forme sospese. Come anche sostiene Mohsen Fayz Kashani, un altro filosofo persiano nonché contemporaneo di Cartesio, è nel mondo intermedio che il fedele può visitare i suoi congiunti dopo la loro morte.

Il mondo dell’anima che s’incarna anche nel citato quaternio femminile più uno, una personale scala erotica del cinque, ha certamente portato Jung ad attingere alla parola nuova, diciamo anche a molto del lessico fondante della psicologia analitica. Quel lessico si costituisce a partire dall’approdo al mondo intermedio. E ne va, in questo mondo intermedio, dell’essenza stessa del setting analitico e della sua cifra immaginativa. Il sogno è la dimostrazione “vivente” della realtà del mundus imaginalis, una realtà che sembra capace di trascendere la morte, di farsene luogo.

È nel mondo intermedio che Jung ha potuto dialogare con i suoi immaginali interlocutori: le forme sospese del cavaliere rosso (alias il diavolo), dell’anacoreta Ammonio, di Filemone, Elia, Salomè, dell’anima, di Izdubar, del mago Filemone. È ancora nel mondo intermedio del setting che si fa analisi. Qui fanno eros i morenti. Qui si diventa ciò che accade nel mezzo. Qui Jung può riprendere quell’interrotto dialogo col serpente nero che era iniziato negli apocrifi Atti di Tommaso (iii sec.). Anche Tommaso aveva dialogato col serpente nero, anche Tommaso gli aveva rivolto domande e anche allora il serpente nero gli aveva risposto. Ma Tommaso aveva ricevuto da Dio l’ordine di ucciderlo. Nel mondo intermedio le uccisioni, se mai avvengono, sono passaggi. La morte non appartiene a quei domini.

 
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