Cremerius - Giorgio Antonelli

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Cremerius sul silenzio



L'analista non solo deve praticare il silenzio per non interferire con le parole del paziente, ma deve anche ascoltare il silenzio di quest'ultimo (Reik) e ha comunque bisogno del silenzio per riorganizzare e interpretare tutto ciò che ha ascoltato e percepito. L'analista non può tuttavia essere lo specchio bianco su cui si riflettono le parole del paziente e ciò che esse convogliano. Anzi il silenzio può avere una «funzione igienica», in quanto permette all'analista di controllare impulsi e affetti che possono sorgere nel corso dell'analisi per effetto di transfert e controtransfert.

Il silenzio dell'analista può essere utilizzato come "operazione tecnica" al fine di sbloccare il silenzio del paziente mediante la frustrazione dei moti pulsionali che lo generano (Reik) diretti all'appagamento di desideri pulsionali (Ferenczi, Nacht) oppure di desideri diretti alla relazione oggettuale (Balint). L'autore ripercorre a questo punto alcune considerazioni già fatte nel capitolo precedente, illustrandole con alcune situazioni terapeutiche concrete. In particolare: il silenzio può servire per interrompere un set-up che si trasforma in un puro soddisfacimento pulsionale (A. Freud); il silenzio può significare l'offerta di uno spazio libero al paziente perché questi possa comunicare tutto ciò che accade in lui; il silenzio può essere un modo, anche se prolungato, per consentire al paziente di "scontare" la sua regressione allo stadio pre-oggettuale e ritrovare spontaneamente al funzione della parola.

Tuttavia, per garantire al silenzio, come momento della prassi terapeutica, una funzione positiva, è necessario che l'analista non si lasci coinvolgere nella regressione, diventando egli stesso passivo, che non viva il silenzio del paziente come una frustrazione del suo desiderio di capire, reagendo in modo aggressivo e rifiutante, che non diventi complice del paziente che talvolta usa il silenzio come provocazione. Soprattutto l'analista deve interpretare la qualità del silenzio (proprio e del paziente) con un rinnovato sforzo di autoanalisi rivolto al controllo delle proprie modalità controtransferali.


(tratto da "I silenzi e la psicoanalisi". Rassegna bibliografica a cura del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, coordinata da Giorgio Antonelli, in Giornale Storico di Psicologia Dinamica, Napoli, Liguori, 43, 1998)


 
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