Dipendenza terminabile e ... - Giorgio Antonelli

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Il mio contributo si intitola

"Dipendenza terminabile e interminabile"

(Estratto)


Nella dipendenza si tratterebbe di un bisogno di venerare, di un non avrai altro dio fuori di me. È per preservare l’immagine di questo unico ponte, di questa unica sostanza possibile, che i pazienti salvano continuamente lo psicoterapeuta tollerandone le intemperanze, le ipocrisie, i comportamenti da sultano. La proiezione del Grande Uomo da parte del paziente correla insomma col suo bisogno di venerare. Sembra proprio nominarsi in tale bisogno la reale posta in gioco della dipendenza.
Dipendenza e dissociazione elicitano nell’individuo la capacità di accedere a stati non ordinari di coscienza. La dipendenza assoluta può esser fatta rientrare in questo versante. La dipendenza è un modo della dissociazione. Una dipendenza assoluta ci appare in ultima analisi come modo sublimato della pulsione di morte.

Proiettando il Grande Uomo il paziente proietta potenza nel setting. La sua proiezione è dell’ordine del transfert. In altri termini la potenza appartiene al dispositivo analitico. Non si spiegherebbe altrimenti il paradosso che regola la dipendenza in analisi. La dipendenza vi viene indotta, dal momento che il dispositivo è talmente potente da indurla, ma lo fa perché se ne dia liberazione. La relazione di transfert si colloca al confine tra induzione della dipendenza affettiva e liberazione dalla stessa. Un paradosso s’impone dunque all’origine dei successi della prima psicoanalisi. Così come un paradosso istituisce la regola prima del cosiddetto contratto analitico: la libertà associativa. Analogamente paradossale suona l’assunto di Ida Malcapine che vuole essere infantilizzanti, cioè conducenti a regressione, pressoché tutti gli elementi del setting. Quando si struttura, in effetti, il campo analitico? Si struttura immediatamente, allorché il paziente, chiedendo aiuto all’analista, si pone per ciò stesso in uno stato di dipendenza e regredisce a un livello di sviluppo psichico precedente. D’altronde, come rileva Kernberg, una certa incapacità a dipendere correla con una posizione narcisistica. Carotenuto, d’accordo con Kernberg, rileva come nelle sue prime speculazioni Freud valutasse l’atteggiamento di dipendenza a fini diagnostici. Dove l’individuo è incapace di dipendenza esisterebbe un problema psicotico.

Si comprende bene come la scoperta della dipendenza del paziente dal transfert equivalga alla scoperta della potenza del transfert. La potenza dell’interpretazione è un effetto del transfert. E quando qui nomino la potenza, è per sottolineare ancora una volta che da quella potenza, fosse anche immaginaria, si è realmente dipendenti. L’altro volto della potenza è comunque la dipendenza. Non soltanto nel senso che la dipendenza è potente, ma anche in quello che vuole la potenza essere una forma della dipendenza. Se il paziente, proiettando il Grande Uomo nel setting, vi proietta per ciò stesso anche potenza, è perché da essa vuole dipendere. Interessante paradosso anche questo, a ben vedere: il paziente va a dare, dilapidandola, potenza a un altro, perché ne possa dipendere. Non è tutto questo a sua volta così potente da farne dipendere lo psicoterapeuta? L’induzione di dipendenza investe in pieno lo psicoterapeuta. Dal momento che il cominciamento è il suo, dal momento che il controtransfert precede il transfert, è allora lo psicoterapeuta il primo dipendente.
 
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